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Immagine del redattoreMarta Zannoner

Intervista a Pierfrancesco Favino



Venerdì 22 novembre il Politeama Rossetti ha aperto le porte della Sala Assicurazioni Generali per uno spettacolo diverso dal solito. Questa volta, infatti, gli attori sono scesi dal palco per consegnarsi direttamente alle mani del pubblico. Nello specifico, i teatranti erano quelli dell' Associazione Culturale Gruppo Danny Rose (nome preso dal film di Woody Allen Broadway Danny Rose), capitanati da uno degli attori italiani più amati, Pierfrancesco Favino, i quali hanno risposto alle domande di un pubblico composto da giovani studenti, desiderosi di capire di più dello spettacolo Servo per Due, e della vita dietro le quinte.

I ragazzi non si sono risparmiati con le curiosità e le domande, a cui gli attori hanno saputo controbattere con simpatia e gentilezza, felici di vedere un interesse così grande per un'opera di Goldoni, sapientemente rifatta per accattivarsi gli spettatori e per riavvicinarli a quell'incredibile strumento di espressione, comunicazione e purificazione, che è il teatro.

Dopo essere stati spremuti fino all'ultimo dai futuri leader (e attori) del domani, sono riuscita a strappare una breve, ma intensa intervista a Pierfrancesco Favino, per poi restituirlo al suo habitat naturale: la scena (sia teatrale che cinematografica). 

Come mai avete deciso di portare in scena il rifacimento dell'opera di Goldoni e non quella originale? Pierfrancesco Favino: «Innanzitutto perché lo spettacolo inglese è molto bello. Inoltre, se fossi io a dover andare a vedere uno spettacolo di "Goldoni puro", avrei delle difficoltà, soprattutto dopo il grande lavoro su quest'opera fatto da Giorgio Strehler. Inoltre c'è anche uno spettacolo diretto da Antonio Latella ancora in circolazione. Infine credo che questo tipo di spettacolo possa rappresentare un passo in avanti verso la modernità, e verso un nuovo tipo di proposta teatrale».

Può essere anche un modo per riavvicinare i giovani al teatro? P.F.: « Magari! Quello che ci piace molto è vedere un pubblico composto da una varietà di persone, dai bambini agli anziani, che rimane attaccata alla poltrona per tutta la durata della messinscena. Magari le persone che hanno vissuto più vicino a quegli anni (lo spettacolo riproposto da Favino e Paolo Sassanelli è ambientato negli anni '30, ndr) hanno gusti diversi, e hanno un tipo di umorismo diverso. I giovani, a loro volta, si divertono con altri tipi di comicità. Abbiamo voluto adoperare tutto gli ingredienti possibili, ed è per questo che questo spettacolo è stato "scientificamente" studiato per poter attrarre il maggior numero di persone».

Servo per Due è uno spettacolo molto dinamico in cui, come hai detto prima, non c'è più la quarta parete. Infatti ti diverti a terrorizzare i poveri spettatori, che non si aspettano di poter essere trascinati sul palco da un momento all'altro. P.F.: « Questo è un espediente vecchio come il teatro, che però in questo caso ha volutamente a che fare con questo tipo di spettacolo. Abbiamo voglia di coinvolgere anche fisicamente la gente. Io penso che le persone abbiano desiderio di questo più di quanto immaginino. Noi della compagnia volevamo fare una scommessa: quella di presentarci fisicamente in carne ed ossa».

Preferisci il teatro o il cinema? P.F.: « Guarda, sono due bacilli dello stesso virus. Sono diversi, ma sono uguali sotto molti aspetti. Il contatto con il pubblico è una cosa straordinaria, e penso che un attore a tappe deve tornare al teatro, perché così può capire qual è il suo percorso».

Progetti futuri? P.F.: « Prima di tutto portare avanti questo gruppo di attori. Saremo impegnati fino al 19 febbraio con questo spettacolo. Poi ho finito di lavorare in un'opera prima che ho co-prodotto, Senza nessuna pietà, di Michele Alhaique. Sarò nella miniserie Qualunque cosa succeda, che parla di Giorgio Ambrosoli. Ci sono anche altri progetti che riguardano l'estero (ricordiamo che di recente Favino è stato visto in pellicole internazionali come "World War Z" e "Rush", ndr), ma per il momento sono contento di essere qui e di mettere la mia energia su questo spettacolo».

Qualche consiglio per gli aspiranti attori? P.F.: « Studiare. Poche cose ti fanno capire se hai la passione. Io ho fatto tutti i lavori di questo mondo per mantenermi, ma ho sempre continuato ad essere un attore. Non stare con le mani in mano. Non aspettare che il telefono squilli. Metterci impegno. Ad esempio, io ho un ideale inarrivabile di recitazione, che mi tiene impegnato...».

Qual è questo ideale inarrivabile? P.F.: « Io penso che Daniel Day-Lewis sia un bravo attore, ma quelli che non sono al suo livello possono essere considerati bravi attori?. Io non penso di essere un bravo attore. Però penso che se qualcuno volesse diventare un bravo attore allora dovrebbe aspirare a quei livelli di recitazione, talento permettendo. In questa compagnia cerchiamo proprio di aspirare al meglio, per regalare al pubblico la miglior qualità».

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