by Marta Zannoner | feb 18, 2015 | Magazine, Università e ricerca |
In un momento storico in cui la vita è più in salita che in discesa, in cui la speranza di un lavoro è divenuta l’undicesimo comandamento, un povero ventenne indifeso cosa dovrà fare davanti alla scelta della facoltà? Se questi ha sogni nel cassetto che non combaciano con l’iscriversi a medicina o giurisprudenza, dovrà comunque fare uno sforzo in più per diventare una persona pratica ed immatricolarsi ad uno dei corsi appena citati, oppure con coraggio e un po’ di paura iscriversi ad una delle amate lauree umanistiche? Prendendo spunto dalla mia esperienza personale, dirò che praticamente ho scelto quest’ultima opzione, certo dopo un lungo travaglio, ma alla fine sono qui per raccontarvi i disagi e le emozioni quotidiani che solo uno studente del Dipartimento di Studi Umanistici di Trieste può capire.
1. La sede Giusto per mettere le cose in chiaro sin da principio, la sede degli studi umanistici nella ridente cittadina di Trieste si trova nientepopodimeno che nel quartiere diCulonia. Per andare a Scienze della Formazione dovete arrampicarvi per un’impervia salita, facendo un po’ di sana ginnastica per le chiappe, mentre per andare a Lettere dovete perdervi. Seguendo le indicazioni vi troverete in una strada popolata di meccanici. Non temete, siete nel posto giusto. Seguite i tizi con i piercing e in men che non si dica sarete arrivati! Non vi smonterò l’entusiasmo dicendovi che io continuo a perdermi al terzo piano.
2. L’assenza di persone Ogni mattina uno studente di giurisprudenza si sveglia e sa che dovrà correre più veloce degli altri studenti se vorrà trovare un posto dove sedersi. Ogni mattina uno studente di Lettere se la prende comoda perché sa che il posto ci sarà sempre e comunque. Anzi, occuperà i banchi vuoti con i suoi libri, giusto per non far rimanere male il professore di Letteratura di Umpalandia.
3. La sovrapposizione delle lezioni Un classico. Se Letteratura Francese si sovrappone a Letteratura Inglese si è nel pieno della guerra dei Cent’anni. I professori non si accorderanno mai. Avrete delle possibilità di scissione nel caso in cui le ore delle lezioni di lingua e di letteratura dello stesso stato si sovrappongono. Per il resto, presi dall’indecisione, potrete sempre andare a piangere in bagno, tanto, come spiegato al punto 2, li troverete spesso vuoti e sufficientemente appartati.
4. Appelli solo in sparuti mesi dell’anno Per la precisione gennaio, giugno e settembre. Per non parlare dei preappelli. Proprio no. Non c’è speranza. Rigettati più dei venditori porta a porta dalla maggior parte dei professori. Per citare la serie TV Sex and the city (in cui però non stavano parlando di preappelli universitari), dirò: “È un preappello, non la sfinge!”.
5. Il disordine ambientale Questa è una cosa simpatica. Appesi al muro troverete un sacco di poster di film, mostre e appuntamenti vari con la cultura. Nelle due ore di buco tra una lezione sovrapposta e l’altra, leggere le pareti della facoltà è sempre un buon modo per passare il tempo.
6. I lettorati Affiancano le lezioni di lingua. Delle volte si possono vivere delle scene comiche… per gli altri. Se sei tu la povera vittima che deve rispondere al professore madrelingua in un idioma mai pronunziato prima, ecco che finisce la magia. Sudorazione a cento e salivazione a zero. Forse, però, sono io che mi agito troppo. Se anche il professore ride con (di) te in fondo può essere un buon segno, no?
7. I discorsi motivazionali, benché rassegnati, dei professori Credo che riportare il discorso del professor Keating nel film L’attimo Fuggente, possa essere più esplicativo: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.”
8. Le domande esistenziali Se non siete una patata lessa, ci saranno momenti, durante il vostro percorso universitario, in cui vi fermerete un attimo. Vorrete lasciare tutto perché dubiterete fortemente che quello che state studiando vi porterà mai a qualcosa. Il quinto anno fuori corso, poi, è il più duro. Intopperete. cadrete. Rifiuterete un 26 per accettare un 18 la volta successiva. Vorrete mollare tutto, cambiare o darvi alla macchia. Bene, ai futuri giornalisti, scrittori maledetti, insegnanti altrettanto maledetti e ai fancazzisti con aspirazioni di grandezza, che alla fine riusciranno a guadagnare più di Bill Gates, dico: “un giorno questo dolore vi sarà utile”.
9. Gli strani odori Si passa da quello di nuovo misto pasta Fissan di Androna Campo Marzio, a quello di vecchio della sede di Via Economo.Quest’ultimo ti dà anche un po’ alla testa, e può rendere un’esperienza, diciamo “diversa”, l’apprendimento di Storia dell’Europa Orientale, Storia degli Stati Uniti e… Insomma, della storia.
10. La sottovalutazione Derisi, sbeffeggiati e maltrattati da coloro che scettici andranno a leggere il nostro curriculum, gli studenti di Lettere non devono mollare. La cultura è l’unica cosa che non ci possono portare via. Rileggete il punto 7 e cercate di stare sereni.
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